Pignoramento dello stipendio, dal 2026 cambia tutto: come non farsi trovare impreparato
A partire dal 2026, con l’entrata in vigore delle misure previste dalla Legge di Bilancio 2025, i dipendenti pubblici con debiti fiscali superiori ai 5.000 euro potranno subire trattenute dirette in busta paga. La norma, contenuta nei commi 84 e 85 dell’articolo 1 della legge, punta a introdurre un meccanismo più rapido per il recupero dei crediti, rispondendo all’esigenza di una maggiore equità fiscale e rafforzando le entrate dello Stato.
Secondo il testo, la Agenzia delle Entrate – Riscossione potrà bloccare parte dello stipendio mensile di chi percepisce oltre 2.500 euro, trattenendo un importo che sarà destinato alla copertura del debito. La misura non sostituisce le normative già in vigore in materia di pignoramenti, ma si integra ad esse per creare un sistema più efficiente e incisivo nella lotta all’evasione.
Le trattenute sugli stipendi: chi sarà coinvolto
Dalle stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze, emergono dati significativi: oltre 250.000 dipendenti pubblici risultano avere debiti fiscali non saldati, e circa 30.000 di questi guadagnano più di 3.500 euro al mese. Con l’avvio della riforma, le trattenute mensili saranno pari a un settimo dello stipendio, mentre per le tredicesime e altre somme una tantum si applicherà una trattenuta pari al 10%.

Un lavoratore con 3.500 euro di stipendio mensile, ad esempio, subirà un prelievo di circa 500 euro al mese, fino a estinzione del debito. Questa misura, se da un lato permette un recupero diretto delle somme dovute, dall’altro rischia di avere ripercussioni concrete sul potere d’acquisto delle famiglie, in particolare per quei nuclei già colpiti da difficoltà economiche.
Opportunità di regolarizzazione e reazioni alla misura
Per chi si trova in una situazione debitoria, la legge prevede una finestra temporale fino al 2026 per regolarizzare la propria posizione fiscale. Questo periodo può essere utilizzato per verificare eventuali errori nelle cartelle esattoriali, presentare ricorsi o rateizzare il pagamento con l’ente di riscossione. Il termine per il saldo delle cartelle viene inoltre esteso da 30 a 60 giorni, offrendo una maggiore flessibilità ai contribuenti.
Questa riforma ha già acceso un acceso dibattito pubblico. I favorevoli sottolineano come si tratti di un provvedimento di giustizia fiscale, capace di responsabilizzare i cittadini sul rispetto dei propri obblighi. I critici, invece, denunciano il rischio di un ulteriore aggravio per lavoratori che spesso si trovano a operare in un clima di instabilità economica e carico psicologico crescente.
Nel contesto di un sistema fiscale che punta sempre più alla tracciabilità e alla semplificazione, il Governo intende con questa misura contrastare l’evasione, ma anche rafforzare la cultura della responsabilità fiscale. Resta aperta la questione dell’impatto sociale: sarà fondamentale che accanto alla fermezza della norma vengano sviluppati anche strumenti di supporto, in grado di accompagnare le famiglie e i lavoratori nel percorso di regolarizzazione.
La Legge di Bilancio 2025, con queste novità, segna un passaggio cruciale verso una gestione più ordinata e trasparente del debito pubblico, tracciando le basi per un sistema più equo e orientato alla sostenibilità economica del Paese.