Intervista al blogger omosessuale egiziano IceQueer
Uno dei più noti blogger gay egiziani spiega, dal suo punto di vista, la mancanza di democrazia e di laicità che esiste nel suo paese e che lo hanno spinto a partecipare alla rivolta di piazza Tahrir.
L’Egitto è un paese in cui le lesbiche e i gay non possono amarsi. L’Egitto è un paese dove lesbiche e gay continuano a finire in prigione. L’Egitto è un paese dove l’esercito e i rappresentanti del fondamentalismo mussulmano inquietano lesbiche e gay. Stanchi di vivere in una terra che non vuole cambiare, gli egiziani dicono basta ed è rivoluzione… Sentiamo come è nato tutto.
Quali sono state le cause principali della vostra rivolta?
Il popolo egiziano non ne poteva più di Mubarak e del suo regime: la rivoluzione è stato il risultato naturale di quello che abbiamo sofferto negli ultimi 10-15 anni e forse anche di più. Il popolo in piazza Tahrir chiedeva i diritti più essenziali, che sono libertà, giustizia sociale e democrazia.
Qual è stato il ruolo di Facebook, di Twitter, dei blog?
I social network hanno giocato un ruolo importante nell’organizzare il popolo e anche nello smascherare l’ipocrisia dei mass media. I social network semplicemente dicono la verità. Puoi leggere di un caso di tortura su Twitter, vedere il video su YouTube e poi discuterne su FaceBook!
Dal punto di vista occidentale, il ruolo dell’esercito non è molto chiaro…
Ad essere onesti, il ruolo dell’esercito adesso non è molto chiaro neppure per noi. Il popolo è contro questo governo di transizione e l’esercito sta cercando di rimanere il più neutrale possibile, ma non è abbastanza.
Non è molto chiaro neppure il ruolo dei Fratelli Musulmani…
La rivoluzione egiziana non ha portato avanti alcun programma politico o religioso, ma gran parte del popolo fino ad ora non vuole i Fratelli Musulmani per le prossime elezioni.
A Palermo, un ragazzo marocchino, Noureddine Adnane, si è dato fuoco per protestare contro le persecuzioni della polizia italiana, emulando il gesto storico del tunisino Mohamed Bouazizi. Credi che i giovani delle due sponde del Mediterraneo possano unirsi per lottare contro tutti gli oppressori?
La gente non ha alcuna idea di come ci si senta quando inizi a uccidere le tue paure e diventi capace di dire: “No, ora basta, andatevene via!”. E’ uno spirito che spero che persista in Egitto e nel mondo intero.
Cosa ne pensi dell’Italia?
Sarò superficiale: ti dico che l’Italia per me è la moda, i bei ragazzi e l’architettura, ma sono sicuro che ci sono molte più cose da conoscere a proposito dell’Italia. Io sto cercando di conoscerle attraverso i miei amici italiani, qui in Egitto.
E del nostro governo, cosa ne pensi?
Del vostro governo? Beh, io non sono un’esperto di politica, quindi non so davvero cosa dire sulla situazione in Italia, ma di tanto in tanto leggo notizie sulla corruzione di Berlusconi.
Come vivono i gay e le lesbiche in Egitto?
La vita per i gay e le lesbiche in Egitto varia da persona a persona: alcuni sono profondamente repressi, alcuni sono “discreti”, alcuni sono dichiarati, ma non con tutti, e una minoranza sono dichiarati con i propri genitori e con gli amici. Fondamentalmente ci incontriamo tra di noi attraverso i siti di incontro online.
Qual è la situazione dal punto di vista legale?
Anche se in Egitto l’omosessualità non è illegale in senso stretto, gli omosessuali vengono arrestati in riferimento ai reati di “depravazione abituale” e di “comportamenti osceni”, in base all’articolo 9c della legge n. 10 del 1961 sulla lotta alla prostituzione, e al reato di “disprezzo della religione”, in base all’articolo 98 del codice penale.
Ringraziamo noirpink.blogspot.com