Gay Pride a Catania. Il Pride nella ex capitale dell’omertà
Quella che si respira a Catania è serenità, anche lì dove un tempo non c’era. La Domus Aurea della supposta virilità e del pelo folto sul petto ha lasciato spazio a colori e piume dalle tinte sgargianti, alle musiche elettro-pop e all’eccessivo uso di depilazione.
Le riviste sicule hanno trattato l’evento ed i partecipanti con la tenerezza e la commozione che Rita Dalla Chiesa riserva ai cuccioli di cane abbandonati per strada.
Tutti i giornalisti sono stati prontissimi a raccontare le solite storie strappalacrime, rispettando con religiosa perfezione ogni singolo clichè che l’occasione riservava. Dalla trans che vuole essere amata ai due ragazzi che convivono da un anno, l’operazione è sempre quella.
I gay, poveri misericordiosi avanzi di galera, chiusi nelle loro gabbie firmate Dolce&Gabbana per trecentosessanta giorni o poco più e slegati di botto un giorno all’anno, sono in attesa di un padrone che si prenda cura di loro. La stampa ha rappresentato gli omosessuali come degli aborri di madre natura che però, alla fine dei conti, purtroppo, in quanto umani, anche loro vuoi o non vuoi, devono avere la possibilità di amare.
La tenera melanconica visione dei gay, per quanto possa irritare, è oggettivamente giustificabile proprio perché non si ha chiara la vastità biologica dell’affare.
L’unica cosa che è difficile da concretizzare oggettivamente per chi è fuori da questo mondo parallelo è la vastità immensa di omosessuali nella Terra. Oggi potrebbe davvero risultare più difficile trovare un’etero per strada che un gay.
Perciò se devo prendermela proprio con qualcuno me la prendo coi gay che vogliono la comprensione per sentirsi accettati, quando di comprensione non hanno bisogno proprio per niente. Oggi il Pride è fondamentale perché il termine inglese “orgoglio” eccede in modo direttamente proporzionale a “tolleranza”. Il risultato tra queste due parole, che mi auspico di trovare, è “normalità” e grazie all’evoluzione sociale, questa parola è già entrata in molte case sicule.
Chi lo avrebbe mai detto di sentirsi dire da una nonnina sicula oramai novantenne “Antonio, quando ti trovi un bravo ragazzo?”. Chi lo avrebbe mai detto di poter vedere una madre organizzare una cena per conoscere il fidanzato del figlio? Eppure questa è oggi Catania, in cui ci si guarda ancora tutti altezzosi, squadrandosi dalla testa ai piedi, ma è anche una città che ha imparato a sfilare ad un Pride salutando la mamma dalla tv privata che documenta l’evento.
Antonio P.