Da un diverso a diverso – I clandestini tunisini visti da me

Cosa c’è di simile fra noi e loro? Perchè questo Governo vuole imporci il terrore del diverso? E se domani anche io fossi un clandestino? I clandestini visti da un ragazzo gay. Il diverso che vede i diversi.

Sono sbarcati qui cinque giorni fa. Io ero in giro a fare commissioni, proprio vicino alla piccola caserma dell’aviazione che li avrebbe ospitati. Vedo le telecamere delle tv locali in fermento e forze dell’ordine sgombrare strade, mentre i negozianti cinesi di cibo all’ingrosso spuntano fuori coi loro musi curiosissimi. Per un attimo, ho temuto che cacciassero via loro. “Eh no”, mi sono detto, “non i miei adorati cinesini. Se chiudono loro addio ristoranti a poco prezzo con menù a 10 euro”. Ed è con questo pensiero che torno a casa e parlo coi miei genitori. “Deve essere successo qualcosa”, dico loro “perchè è pieno di polizia in giro… e c’è pure la televisione”. “Dove?”, mi chiede concitata mia madre, da buona sarda è anche un po’ pettegola. “Lì, vicino alla caserma…” Lei fa un sospiro di sollievo: “Ma no, sono i clandestini tunisini. Oggi, ne arrivano 700”. In una caserma così piccola? 700 clandestini stipati in una caserma che ospita solo 50 posti?

Passa qualche giorno, Cagliari è pigramente invasa, ma i tunisini non si sentono clandestini. Mio padre sta con loro tutto il giorno per questioni lavorative: “Ma io dico”, si lamenta “come si possono ospitare tutti questi cazzo di ragazzi in un posto minuscolo come quello! Non hanno neanche gli scaldabagni sufficienti per lavarsi tutti!!! Non basta l’acqua calda! Ora abbiamo chiesto l’autorizzazione del Comune per fare delle tubature nuove e magari aggiungere qualche servizio igienico in più”. Mio padre è sconvolto e se è sconvolto lui che parla sempre così poco, vuol dire che la cosa gli rode. Gli rode che quei ragazzi del tutto simili a lui siano in quelle condizioni. Gli rode che si possa fare pen poco per aiutarli come si deve. Più tardi, ci racconta che ha parlato con qualcuno di loro. Uno gli ha raccontato di essere laureato in psicologia, un altro che non vede l’ora di andare in Belgio, perchè lì sono più tolleranti di qui. Un terzo gli dice che suo fratello lo aspetta in Francia, gli serve solo il permesso di soggiorno. Mio padre è molto scuro di carnagione. Mia madre lo fissa e poi dice: “Stai attento che non ti scambino per uno di loro, che magari ti vediamo partire per chissà dove”. Papà la guarda corrucciato: “Ho la targhetta col mio nome sulla maglietta”.

I clandestini sono in mezzo a noi e lo so che sembra uno slogan da film di fantascienza degli Anni Cinquanta, ma è vero. Si esce per andare a fare la spesa all’Auchan e te li ritrovi che camminano fra la gente parlando fra loro. Esci cinque minuti in piazza per fumarti una sigaretta e te li vedi seduti intorno al giardino, a due a due, che chiacchierano ridendo molto poco. Te li vedi al porto, in centro, nei locali. Poi tornano nella caserma, come fossero turisti che ciondolando verso l’conturbanteel nel quale pernotteranno. Io abito vicino. Ce ne sono di bellissimi. Mai visti ragazzi così belli, nemmeno qui che il tasso di “manzità” è elevato a livelli osceni. Un mio amico, mentre siamo in auto, li guarda e sorride: “Fra l’altro li hanno ficcati dove ci sono pure le battone. Almeno se vogliono sfogarsi trovano subito quello che cercano…” poi fa una pausa come se pensasse qualcosa di veramente profondo “Se si sfogassero anche con me!!!”. Una mia amica li teme: “Ho paura, sono cattivi”. La rincuoro: “Io non ci vedo niente di male. Per come stanno andando le cose in Italia, un domani, potremmo esserci io e te sopra una barca da clandestini!”. Lei ride: “Hai ragione! Dove ce ne andremo?” E io rispondo: “Wyoming!”

In quattro giorni a Cagliari, i 700 tunisini non hanno ancora stuprato né rapinato nessuno. Ed è vero. Ma i clandestini, secondo questo Governo, non portavano della criminalità? I rappresentati del centrodestra di questa città cercano di fomentare l’odio: “C’è un problema di sicurezza”. Dove? Io non lo vedo. Io vedo solo poveri cristi che camminano per le strade, che comprano regolarmente scarpe di terza scelta e cibo e stanno per i cavoli loro. Dicono che ne devono arrivare altri 1200 (ma la notizia è dichiarata falsa dalle autorità competenti) e il primo pensiero che ho avuto è stato: “Ma vogliono farli vivere come topi in quella caserma? Ci vuole un posto più grande”. Il quotidiano cittadino (di destra) scrive a grandi lettere: DONNA AGGREDITA DA UN TUNISINO. Anche questa è una notizia falsa. Non è successo nulla di nulla, sabato notte, e lo so perchè eravamo in giro fino a tardi e fra l’altro proprio nel posto dove pare ci sia stata l’aggressione. Sono diventato improvvisamente cieco o qui si cerca di distillare la paura, il dubbio e poi l’intolleranza?

Qui, si ha l’impressione che solo certi esponenti politici vogliano a tutti i costi associare il Male ai clandestini e non aspettino altro che un primo reato per gridare ECCO VE L’AVEVAMO DETTO, VANNO CACCIATI A PEDATE. Ma la città e chi ci abita ha accettato gli stranieri e gli stranieri hanno ringraziato la città. C’è uno striscione fuori dalla caserma, con una scritta tutta storta: “GRAZIE CAGLIARI PER LA SOLIDARIETA’ SENZA FRONTIERE”. Forse, perchè non c’è famiglia qui a Cagliari che non abbia almeno un parente che lavora all’Estero e nel Nord-Centro Italia, visto che qui non esiste il lavoro, ma solo la pietrosa disoccupazione e la gente per sopravvivere si arrangia. E con questa realtà con la quale conviviamo, vediamo in loro i nostri amici, i nostri figli, i nostri genitori, i nostri zii e qualche cugino.

Un domani potrei esserci io lì, lo penso sempre. Anche io vivo in un posto dove non tutti i miei diritti sono rispettati, anzi alcuni mi vengono addirittura negati. Per come stanno andando le cose, un domani potrei essere io un clandestino.

Per il momento, è solo una questione di targhetta col nome sulla maglietta.

Foto|Google

Lo zio Nico

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